Giuseppe Verdi PDF Stampa E-mail

Siamo nel carcere di Venezia. Corre l’anno 1457. C’è un uomo, nel buio, seduto sopra un masso di marmo. Qualcosa, qualcuno gli si avvicina… “Uno s’avanza!... ha gigantesche forme!...”. È uno spettro. Tiene qualcosa con la mano sinistra…. “Il reciso suo teschio ferocemente colla manca porta!... A me lo addita... e colla destra mano mi getta in volto il sangue che ne cola!...”. Ma sì! L’uomo seduto sul marmo lo riconosce: è il fantasma di Francesco Bussone, detto il Carmagnola, il condottiero accusato di tradimento e condannato a morte dal Consiglio dei Dieci, che governava la Repubblica di Venezia. Il 5 maggio del 1432 al Carmagnola era stata tagliata la testa. Quella testa che oggi il suo fantasma, che ancora si aggirava nella cella, portava con la mano sinistra, mentre con la destra gettava il proprio sangue addosso all’uomo prigioniero. Quell’uomo, Jacopo Foscari, era il figlio del Doge Francesco Foscari. “Non maledirmi, o prode, se son al Doge figlio; de’ dieci fu il Consiglio che a morte ti dannò!”. Quel Doge che attende anche lui di conoscere la decisione del Consiglio dei Dieci su suo figlio accusato di omicidio da innocente.  “Me pure sol per frode vedi quaggiù dannato, e il padre sventurato difendermi non può...”. Tanto equa è la giustizia veneziana, che consente anche di condannare il figlio di un Doge. L’opera di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave I due Foscari ha debuttato al Teatro Argentina di Roma nel novembre del 1844.

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