Dirty Three - Toward The Low Sun |
di Giorgio Novembrino Il magico violino folk celtico di Warren Ellis, la chitarra leggera, languida e riverbera di Mick Turner, il tappeto ritmico di Jim White percorrono nuovi confini musicali verso… il sole basso! "Toward The Low Sun", è l’ ultimo lavoro dei Dirty Three, rock band Australiana nata negli anni novanta, ma che solo nel 1998 con il quarto album, "Ocean Songs" , (un concept album dedicato al mare), conquistano il successo, poi ripetuto con l’album "Whatever You Love, You Are", fino ad arrivare al settimo album del 2005, "Cinder".
Dal 2005 in poi Ellis e compagni sperimentano, girano il mondo tra collaborazioni e produzioni di prestigio che interessano arte, musica e cinema, tornando ad incontrarsi, dopo sette anni, con un fantastico album ricco di improvvisazioni e originalità che si manifestano in nove canzoni strumentali che spaziano dal noise-rock, Jazz e rock psichedelico, al blues, folk irlandese, alla musica orientale e tzigana trascinando il rock in sperimentazioni sempre nuove ed originali. In "Toward The Low Sun" c'è tutta la magia dei dischi precedenti; "Furnace Skies" e "Sometimes I Forget You've Gone" aprono l'album tra improvvisazione e suoni discontinui, sregolati e caotici tipici del jazz di pura sperimentazione. "Moon On The Land", "Rising Below" e "You Greet Her Ghost" ci riportano al sound più tipico dei tre artisti, con il violino straziante di Warren Ellis che regala ballate folk dolci e sognanti. "The Pier" dolce e romantica ci immerge tra i fondali oceanici ("Ocean Songs" del 1998); "Rain Song" e "That Was Was" sono i brani che fanno amare in pieno "Toward The Low Sun", regalando suggestive melodie grazie al violino di Ellis. Imperdibile è anche la delicata e commovente "Ashen Snow", con il piano di Mick Turner, il violino appena sussurrato, e Jim White che fa da collante con ritmi sempre leggeri ed appropriati. "Toward The Low Sun" è l'album del grande ritorno dei Dirty Three prodotto dalla band stessa assieme a Casey Rice e registrato a Melbourne presso gli Head Gap Studios. Lo consiglio a chi ama la musica struggente e profonda; è un disco che esalta l'interazione intuitiva tra violino, chitarra, e batteria con una intensità che affascina. Sicuramente questo album è uno dei migliori di questo 2012. |