E mò? Moplèn |
di Rocco Lattarulo Auè! Mè, mò ve lo dico che co’ sto fatto che m’hanno trovato il cellulare mi so’ fatto ‘na settimana di ferie. Sì, in isolamento. Che gibillero: tutto solo, manco un volto umano, e con un cesso tutto mio a disposizione. Tanto non pareva vero, che mi sono sempre strafocato di cioccolata per godermelo ogni giorno il più possibile: cinque, sei volte al giorno. La prima notte ci ho dormito abbracciato, me lo accarezzavo. Che regalo ragazzi: grazie, veramente. Ma purtroppo l’isolamento è finito, io sono tornato in cella, a dividere la latrina in quattro, Gino il coinquilino mi ha procurato st’altro cellulare, e mo’ posso raccontarvi la novità.
Che ha pure a che fare col fatto che se io sono finito in isolamento non è perché m’hanno trovato il cellulare. No no… È perché non era della marca giusta. Essì, dovete sapere che qua il carcere innovativo e sperimentale ha avuto un’idea: dato che a furia di tagli coi fondi hanno toccato il fondo, si sono buttati sugli sponsor. E dunque: sui cellulari possono pure chiudere un occhio, basta che siano della marca giusta. Capi’? E tutti siamo chiamati a collaborare. Dobbiamo. Guardie e detenuti. Come? Calcola che è una pubblicità a uso interno, e almeno dev’essere martellante. E quindi - hanno pensato - tutta orale. Magari anche subliminale, mi pare che si dice. Così mo’, per esempio, le guardie ti portano via per una sfraganata di mazzate, tu ti agiti e ti dimeni, e una di loro a un certo punto si ferma e deve dire: “Altolà al sudore!”. Capi’? è da contratto. O se nella squadretta capita quell’armadio della guardia di Matera, ti senti pure: “Che cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano”. E alla fine, quando t’hanno spappolato la pancia, se ne vanno dicendo: “Che mondo sarebbe senza Budella”… Viviamo di slogan durante tutta la giornata, non solo in quei momenti, eh. Chessò, ogni tanto nella cella di Antonio entra qualcuno e spalanca il finestrino: “Anto’, fa caldo…”, dice. Pure se stanno tre gradi. Oppure Gianni il barlettano si lamenta? E subito la risposta: “Gianni, l'ottimismo è il profumo della vita”. O qualcuno, maliziosamente, fa allusioni su Agnese, quella degli uffici? E parte: “Malizia, profumo di intesa”. Se poi lei sta per rispondere, ovviamente: “Silenzio. Parla Agnese”. Oppure, si beve un tè, e subito “è buono qui, è buono qui” (e non specifico cosa indicano al secondo qui). Cioè, ormai tutti costretti a parlare per slogan. Che i fondi so’ fondi per tutti. Perciò, ti lamenti delle docce fredde? “O così, o pomì”. Chiedi un permesso ics? “Noi siamo scienza, non fantascienza”. Così l’uomo che non deve chiedere mai, capisce. Ah, pure in lingua: l’altro giorno Pino il marocchino dopo la doccia s’è spruzzato qualcosa addosso: poi ci ha guardato intenso, e c’ha detto “LeBoaronDeChampagnon: le fonfonscionscion de le novò farfà de… Sciasciarell”. (Cazz’ha detto? Boh?) |