The Fugs PDF Stampa E-mail

Un gruppo cult underground che ha saputo coniugare musica e poesia. A cavallo tra la beat generation e il movimento hippy, un messaggio pacifista vestito dei toni della satira e della provocazione che più volte si sono scontrati con tentativi di censura. Ed Sanders aveva scritto il suo poema in carcere sulla carta igienica e lo aveva portato fuori nascosto in una scarpa. Di censura e di molto altro abbiamo parlato con Eugenio Finardi, impegnato nel tour di presentazione del suo ultimo album Fibrillante uscito nelle scorse settimane.

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Donovan PDF Stampa E-mail

Nel gennaio del 1966 fu prodotto il documentario televisivo A Boy Called Donovan, che pose all’attenzione pubblica il tema del consumo giovanile della marijuana, diffuso e amato ma fino ad allora un tabù inesplorato dai media. In quel film cult si poteva vedere il ventenne cantautore e chitarrista scozzese Donovan fumare la cannabis durante una festa insieme ad altre persone. Una sorta di autodenuncia individuale e collettiva che voleva contrastare e contestare il sobrio e bacchettone stile british. Come ci si poteva legittimamente immaginare, oltre al livello dell’attenzione prestata da opinione pubblica e televisione crebbe anche il livello di quella prestata dalle forze dell’ordine. E, di conseguenza, crebbe la loro furia repressiva. Così, nel bel mezzo di quell’anno, il ragazzo fu la prima famosa star della musica britannica a essere arrestata per possesso di marijuana, seppur finalizzato al consumo personale. Nel giugno del 1966, a Londra, una quantità minima ne fu rinvenuta addosso al giovane musicista. Di lì a poco i cronisti del tabloid News of the World divulgarono l’elenco di tutti i grandi della musica rock e pop di allora che facevano uso di droghe. Donovan fu rimesso in libertà in brevissimo tempo. Avrebbe tuttavia preferito senz’altro qualche settimana di galera piuttosto che la sanzione che gli venne invece imposta. Una sanzione che proveniva da un altro Paese, gli Stati Uniti d’America, che non amava ospitare chi aveva la fedina penale sporca e che gli proibì l’ingresso nel proprio territorio. Per un cantante all’apice della carriera si trattava di una sanzione smisurata, praticamente un arresto alla propria storia musicale. Depresso, si ritirò in un’isola greca. Trascorso un po’ di tempo, ricevette una telefonata dal suo manager. Si ruppe così un silenzio che stava diventando tragico. La telefonata gli comunicava che il suo album Sunshine Superman, nonostante l’assenza fisica di Donovan e una promozione priva di apparizioni pubbliche, era arrivato al numero uno delle vendite. Lo sconforto passò immediatamente. Fu allora che il cantante si accorse di non avere i soldi per rientrare in Inghilterra. Lo aiutò il proprietario della taverna dove alloggiava. Per ricambiare, il ragazzo gli regalò alcuni dischi. Con noi a Jailhouse Rock Gian Pieretti, grande protagonista della musica italiana di allora che negli anni ’60 ha cantato Donovan in nella nostra lingua.

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Chuck Berry PDF Stampa E-mail

All’inizio degli anni ‘50 del Novecento, nelle case di Cleveland, nell’Ohio, capitava spesso la sera di assistere a questa scena: i ragazzi, spinti dai genitori ad andare a letto, salutavano cortesemente con la buonanotte, si chiudevano nella loro camera e spengevano la luce. A basso volume, accendevano la radio che avevano sul comodino. Sugli 850 in Am c’era la Wjw. E lì c’era il Moondog rock and roll house party, condotto dal grande dj Alan Freed, il programma che ascoltavano nell’ombra fino a che non si addormentavano. Leo Mintz, amico di Freed e proprietario di un negozio di dischi della città, gli aveva raccontato che vendeva tantissimi dischi di rythm and blues e che moltissimi ragazzi bianchi andavano da lui a comprare quella musica tipicamente afroamericana. Alan Freed mandava tanta musica rythm and blues. Ma, per superare la separazione razziale e per promuovere quella stessa musica per un pubblico bianco, semplicemente le cambiò nome: la chiamò rock and roll. Chuck Berry è colui che più di tutti viene abbinato al rock and roll. Tra le canzoni che Alan Freed per primo passò per radio c’erano le sue. Chuck Berry ebbe vari problemi con la giustizia. Nel 1959, dopo un concerto in Texas, era andato a fare un giro oltre il confine con il Messico e aveva incontrato una ragazzina apache di quattordici anni che faceva la cameriera. Le aveva proposto di lavorare nel suo locale di Saint Louis. Lei aveva accettato, ma poco dopo era stata arrestata in un albergo per prostituzione. A seguito di questo episodio sono stati chiamati in causa Chuck Berry e il Mann act. Dopo due processi, il padre del rock and roll fu condannato a tre anni di carcere. E mentre la sua Johnny B. Goode ancora viaggia nello spazio a bordo di una sonda nella speranza che altre forme di vita possano ascoltarla, noi a Jailhouse Rock siamo tornati a parlare di Ospedali psichiatrici giudiziari con il registra Francesco Cordio, impegnato nelle presentazioni del suo Lo Stato della follia.

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Roberto Murolo PDF Stampa E-mail

Grande maestro della canzona napoletana, di cui ha ricercato il repertorio dal 1200 ai nostri giorni lasciandocelo inciso in un’opera storica in 12 dischi, Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea. Ingiustamente accusato, ha visto la sua carriera eclissarsi per venti anni, fino a quando Renzo Arbore non lo ha fatto uscire da questa ombra. Enzo Gragnaniello, che ha amato Roberto Murolo, che ci ha lavorato insieme e che come lui è al cuore della musica partenopea, ha tracciato un suo ricordo ai microfoni di Jailhouse Rock. Un brano in altro dialetto, il siciliano, proveniente dal carcere di Noto e risalente all’Ottocento lo presenta la cantante Ciatuzza.

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Erykah Badu PDF Stampa E-mail

Il 22 novembre 1963 verso le 11.40 l’Air Force One era atterrato all’aeroporto Love Field di Dallas. Circa un’ora dopo, i telespettatori della locale Abc-Tv assistettero a un annuncio dato da un giornalista trafelato che interrompe bruscamente un programma di moda in onda in quel momento. In pochi minuti le auto che sfilavano in corteo, tra cui quella del presidente John Fitzgerald Kennedy e di sua moglie Jaqueline, avevano raggiunto la Dealey Plaza, nel West End. Alle 12.30 il presidente Kennedy era stato colpito da due spari, di cui il secondo alla testa. Il 13 marzo del 2010 Erykah Badu parcheggia la propria macchina sulla Dealey Plaza di Dallas, inserisce una moneta nel parchimetro e comincia a camminare lungo il violone percorso oltre 47 anni prima dal corteo presidenziale. La donna indossa un impermeabile scuro, dei grandi occhiali da sole che le coprono il volto, da sotto l’impermeabile spunta il cappuccio di una felpa che lei porta sul capo. Quasi subito la donna si toglie gli occhiali e li infila nella tasca dell’impermeabile. Continua a camminare, e piano piano si sbottona l’impermeabile. Se lo sfila di dosso e lo lascia cadere dietro di sé. Poi si toglie le scarpe e continua a camminare scalza. Le persone intorno cominciano a girarsi, a guardarla. Ma lei prosegue tranquilla. Si sfila la felpa e la tira dietro di sé, accenna qualche passo di corsa, poi ti toglie la maglia e rimane in reggiseno. Sulla schiena ha un vistoso tatuaggio con la scritta “evolving”. La donna continua a camminare tra gli sguardi delle persone e si sfila l’aderente tuta nera che aveva addosso. È in biancheria intima. Arriva alla curva in cui Kennedy è stato colpito e si toglie prima la parte di sopra e poi quella di sotto. Resta completamente nuda per un istante e poi si accascia al suolo. Stava girando il videoclip del brano Window seat. Fu denunciata e condannata a sei mesi di carcere e 500 dollari di multa per disturbo della quiete pubblica.

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Fleetwood Mac PDF Stampa E-mail

Agli inizi del 1977 Peter Green, geniale chitarrista dei primi Fleetwood Mac, venne arrestato a Londra. Da vario tempo, a causa dell’abuso di Lsd, soffriva di problemi mentali. Un giorno minacciò il suo manager Clifford Davis durante una conversazione telefonica. Gli disse che gli avrebbe sparato. Gli fece sapere di aver con sé un fucile portato dal Canada. I media romanzarono parecchio l’episodio. Lui racconterà anni dopo che quel fucile era ben poco professionale e che non aveva neanche le pallottole. Fu condotto nel carcere di Brixton. In seguito venne trasferito in quello di Wandsworth, il più grande di Londra e uno dei più affollati d’Europa, una delle tre prigioni dove fu incarcerato Oscar Wilde a causa della sua omosessualità. In prigione non si trovava poi male, racconterà. Dirà che quel periodo è stato istruttivo. Passava il tempo chiacchierando con stupratori, assassini e altri criminali. Essendo un’anima blues, spiegherà, si sentiva a proprio agio con chi aveva l’Africa nelle vene, ragazzi che sempre avevano destato il suo interesse e che adesso incontrava lì dentro. Quando gli venne diagnosticata una schizofrenia indotta dall’uso di Lsd e di altre sostanze stupefacenti, fu mandato all’ospedale psichiatrico londinese di Horton. Venti anni più tardi, nel 1997, l’ospedale verrà chiuso. A Horton si veniva curati con la contenzione, con valanghe di psicofarmaci e con l’elettroshock. In Italia esistono ancora gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. La riforma che prevede il loro superamento sta continuando a slittare nel tempo. Di questo abbiamo parlato a Jailhouse Rock con lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, a fianco di Franco Basaglia nel percorso che portò alla chiusura dei manicomi. E con noi a Jailhouse Rock, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria, anche il maestro Francesco Lotoro, che da un quarto di secolo si dedica a raccogliere la musica concentrazionaria, quella musica che fu scritta nelle carceri più infami di sempre, nei campi di concentramento nazisti.

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Son House PDF Stampa E-mail

Uno dei grandissimi del Delta blues, che ha saputo influenzare tanti musicisti a venire. La regione del Delta Mississippi viene chiamata ‘la culla del blues’ e ci ha regalato il blues più forte, rude e denso di sempre. Dalle piantagioni di cotone agli argini del Mississippi, gli afroamericani univano i loro canti a quelli degli immigrati europei, primi tra tutti gli irlandesi. Son House ha interpretato meravigliosamente tutto questo. Con noi oggi a Jailhouse Rock il grande bluesman bianco Fabio Treves.

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Mark Lanegan PDF Stampa E-mail

Ex cantante degli Screaming Trees e una carriera da solista, quando Mark Lanegan aveva venti anni un medico gli assicurò che se avesse continuato a bere a quel modo non avrebbe assistito al suo trentesimo compleanno. Lo scorso 25 novembre di anni ne ha invece compiuti quarantanove. “L’eroina mi ha salvato dal diventare un alcolista”, ha affermato. E non era del tutto ironico. Con giudici e galere ha avuto a che fare tante volte. Da ragazzino fu sorpreso a taccheggiare dalla guardia del negozio di Ellensburg. “La volta successiva che ho rivisto quella guardia”, ha ricordato, “è stato quando mi hanno rimesso in prigione”. Era rientrato per non aver pagato le spese legali del processo che lo riguardava. La guardia era lì, detenuta insieme a lui. “Ecco che cos’è Washingon est”, ha commentato. “Non ci si allontana mai troppo da nessuno”. Lo scorso 6 gennaio è andata in onda su Rai 3 la prima puntata della nuova stagione di Presa diretta. Una puntata dedicata alle vittime delle forze di polizia – da Federico Aldrovandi a Stefano Cucchi, passando per Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, Riccardo Rasman, Stefano Brunetti, Gabriele Sandri – che si chiamava senza mezzi termini “Morti di Stato”. Con noi oggi a Jailhouse Rock, Riccardo Iacona.

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Ray Charles PDF Stampa E-mail

Il 15 marzo del 1961 al Bell Auditorium della città di Augusta, in Georgia, era programmato un concerto di Ray Charles. Questo concerto non si tenne mai. Facciamo un passo indietro: il 17 maggio 1954 la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva emesso la storica sentenza Brown contro il Board of Education. Tredici genitori di venti bambini della città di Topeka, in Kansas, avevano tutti insieme con una class action fatto causa all’ufficio scolastico di Topeka. Brown era il primo nome in ordine alfabetico. Linda Brown era una bambina nera cui nel 1951 avevano rifiutato l’iscrizione in una scuola per soli bianchi, costringendola a frequentare un’altra scuola ben più lontana dal suo domicilio. Lo Stato del Kansas permetteva nelle grandi città di creare scuole separate. Varie cause simili a quella relativa a Linda Brown erano state raggruppate e la sentenza diceva che la segregazione razziale nelle scuole pubbliche era incostituzionale. Quando uscì la sentenza Brown, si arrivò a gridare all’imbastardimento della razza umana cui avrebbe portato il mettere insieme bambini bianchi e neri che forse da grandi si sarebbero sposati. Nel 1956, come reazione alla sentenza, 101 congress men meridionali firmarono il Southern Manifesto, il Manifesto del Sud. Due di questi erano Repubblicani e ben 99 erano Democratici, quei Southern Democrats, Democratici del sud, che più di tutti erano stati in passato favorevoli alla schiavitù e che adesso facevano fatica a estendere ai neri i diritti civili. Tra i firmatari c’erano intere delegazioni parlamentari. Tra queste, l’intera delegazione parlamentare dello Stato della Georgia. Cinque anni dopo, ancora in questo clima, c’è il concerto programmato al Bell Auditorium di Augusta per il 15 di marzo del 1961 e mai realizzato. Ray Charles venne a sapere che il suo concerto sarebbe stato segregato: da una parte i bianchi, nella comoda platea immediatamente di fronte al palco, e da un’altra i neri, sugli spalti. Disse all’organizzatore dell’evento che ciò non aveva senso e che l’unica segregazione che poteva averne era quella inversa: il popolo nero più vicino a lui e i bianchi più lontani. L’organizzatore non voleva saperne e insisteva che il concerto fosse segregato. “Fammi causa, io non suono”, gli disse. E non suonò. Il promoter gli fece causa e Ray Charles la perse. Dovette pagare una salatissima multa e fu bandito dal suo Stato natale, la Georgia. Però quel giorno mise una pietra importante sulla strada della conquista dei diritti civili dei neri. Ci sono voluti ben diciotto anni. Il 7 marzo del 1979 lo Stato della Georgia gli ha chiesto scusa. Lo ha invitato all’Assemblea Generale, il Parlamento, in una cerimonia a ricordo delle battaglie per i diritti civili. Lui si è seduto al pianoforte e ha cantato la sua famosissima versione di Georgia on my mind, il brano che pochi giorni dopo, il 24 di aprile di quell’anno, per volere unanime dell’Assemblea è diventato l’inno ufficiale dello Stato Americano della Georgia.

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I consigli musicali di Giorgio Novembrino

 

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