Nel marzo del 2008 la condanna alla pena capitale per Mumia Abu Jamal, accusato di aver ucciso un poliziotto e condannato con un processo criticato dal mondo intero, è stata trasformata in ergastolo. Nell’ottobre precedente, alla Festa del Cinema di Roma, era stato presentato Tutta la mia vita in prigione, un film documentario firmato da Marc Evans a sostegno della campagna di Amnesty International contro la pena di morte. Vi si raccontava la storia di Mumia. Vi si raccontava di questo giornalista e attivista per i diritti civili che senza prove è stato buttato in un carcere per una vita intera. Un uomo che dava voce e al quale si è voluta togliere la voce. Ovviamente un uomo di colore. Il film è stato una grande impresa. E al film ha preso parte anche Snoop Dogg, che non ha incrociato il carcere solo sullo schermo cinematografico. I primi problemi con la giustizia li ha avuti quando non aveva ancora compiuto vent’anni. Arrestato per possesso di cocaina, si fa sei mesi nella prigione californiana di Wayside County. Nei tre anni successivi, entra e esce di continuo dalla galera e anche in seguito ha continuato a essere un buon frequentatore delle galere e delle camere di sicurezza di tutto il mondo.
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La puntata di questa settimana è diversa da tutte quelle mai andate in onda. Oggi non siamo nel solito studio ma nel carcere di Bollate, dall’inizio alla fine. Suonano e conducono loro, i nostri amici musicisti della cover band e i nostri amici della redazione del Grc. Si prendono la linea e se la tengono. Ci racconteranno la loro musica e il loro carcere. Ma soprattutto ci racconteranno il loro rap. Le musiche che ascolteremo oggi insieme a Jailhouse Rock sono tutte loro.
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Il teatro in carcere svolge un ruolo centrale. L’attività teatrale è da sempre estremamente presente nelle carceri italiane. Poche settimane fa è tornato in scena nel carcere di Chieti lo spettacolo teatrale Dalle sbarre alle stelle, che già aveva visto il proprio debutto lo scorso anno. Le musiche erano di Emilio Stella, giovane cantautore romano della scena indipendente al suo secondo album, che oggi a Jailhouse Rock è stato in diretta con noi per parlarci della sua musica e di altro.
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Il grande batterista dei Clash Topper Headon, cacciato dal gruppo a causa della sua tossicodipendenza ma dal gruppo sempre aiutato. Senza di lui la qualità musicale dei Clash non sarebbe stata quella che è stata. Il chitarrista dei Litfiba Ghigo Renzulli aprì il concerto bolognese dei Clash nel 1980 con la sua vecchia band dei Cafè Caracas. Ai microfoni di Jailhouse Rock ha raccontato quella serata. E Tony Face fece la stessa cosa quattro anni dopo a Milano insieme ai suoi Not Moving. Anche lui ci ha raccontato quell’esperienza e ci ha parlato del significato del movimento punk del decennio precedente.
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Il 15 marzo 1961 al Bell Auditorium della città di Augusta era programmato un suo concerto. Questo concerto tuttavia non si tenne mai. Pare che la notizia gli arrivò da un messaggio fattogli pervenire da alcuni studenti del Paine College, che si trova a pochi isolati dall’Auditorium. Venne a sapere che il suo concerto sarebbe stato segregato: da una parte i bianchi, nella comoda platea immediatamente di fronte al palco, e da un’altra i neri, sugli spalti. Disse all’organizzatore dell’evento che ciò non aveva senso e che l’unica segregazione che poteva averne era quella inversa: il popolo nero più vicino a lui e i bianchi più lontani. L’organizzatore non voleva saperne e insisteva che il concerto fosse segregato. “Fammi causa, io non suono”, gli disse. E non suonò. Il promoter gli fece causa e Ray Charles la perse. Dovette pagare una salatissima multa e fu bandito dal suo Stato natale, la Georgia. Ci sono voluti ben diciotto anni. Il 7 marzo del 1979 lo Stato della Georgia gli ha chiesto scusa. Lo ha invitato all’Assemblea Generale, in una cerimonia a ricordo delle battaglie per i diritti civili. Ray Charles si è seduto al pianoforte e ha cantato la sua famosissima versione di Georgia on my mind, il brano che pochi giorni dopo, il 24 di aprile di quell’anno, per volere unanime dell’Assemblea, è diventato l’inno ufficiale della Georgia.
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La Negra, come veniva chiamata, la voce dell’America Latina, l’indimenticabile ‘cantora popular’. Arrestata e poi costretta all’esilio dalla dittatura militare argentina, non ha mai smesso di cantare le sue canzoni di lotta, giustizia sociale, resistenza. Il concerto che le valse l’esilio, che il 20 ottobre 1978 la vide arrestata assieme al suo pubblico per aver cantato in coro canzoni proibite, resterà nella storia dell’Argentina.
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C’è chi, nel mitico Hotel California, ha riconosciuto la prigione di Norco. Era questa l’interpretazione di uno dei ministri di culto che in quella galera californiana usano andare a salvare le anime poco pie. Pare che il soprannome dell’istituto penale di Norco diffuso tra i detenuti fosse proprio Hotel California. D’altronde prima di essere una galera quel luogo era effettivamente un hotel di lusso, il Norconian Resort Supreme. C’è anche chi ha sostenuto che la canzone ricordi in modo autobiografico l’esperienza carceraria di uno degli Eagles. Tutte fandonie. In realtà – come ha spiegato Don Henley, storico batterista del gruppo – la prigione con quella canzone non c’entra nulla. Glenn Lewis Frey e Don Henley, i due fondatori della band, hanno entrambi avuto avventure giudiziarie. E con il carcere, in qualche modo, ha avuto suo malgrado a che fare anche Randy Meisner, bassista degli Eagles fino al 1977 dopo una militanza musicale con i Poco. In galera, in verità, non ci è andato lui ma Lewis Peter Buddy Morgan, che dal 1988 fino al 1997 – per quasi dieci lunghi anni – si era spacciato per Meisner in giro per locali e club. Voleva fare una vita da rock star. E così venne arrestato nel febbraio ‘98 ad Emeryville e portato nella prigione di St. Quentin per scontare ben sedici mesi di prigione. Una volta uscito, riprese la sua farsa come se niente fosse. Fino al 2006, quando venne ribeccato a usare il falso nome di Randy nella città di Reno, nel Nevada. In passato aveva anche tentato di fingersi Don Henley. Ma con Randy aveva più chance di essere creduto per evidenti motivi di somiglianza fisica.
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Le porte della percezione, i Doors, uno dei più grandi gruppi rock di sempre. Jim Morrison, morto in circostanze mai del tutto chiarite, condannato per oltraggio al pudore e poi graziato postumo dallo Stato della Florida. A parlare di questo grande gruppo ai nostri microfoni sono stati Nicola Di Bari, che nel 1970 cantava Dammi fuoco (Light myfire), e Davide Van De Sfroos, che più volte ha omaggiato dal vivo il gruppo californiano.
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