Il 19 febbraio del 1982, poco dopo le tre del pomeriggio, Ozzy Osbourne scoprì all’improvviso di dover fare una grande pipì. Era uscito dal suo albergo a San Antonio, nel Texas, per scattare un po’ di fotografie. Si appartò e trovò un sasso che gli sembrava adeguato allo scopo. Era completamente vestito da donna. La moglie gli aveva nascosto i vestiti per impedirgli di uscire a comprare dell’alcol. Ma la cosa non lo aveva trattenuto. Aveva indossato quelli di lei e si era allontanato ugualmente dall’albergo nel quale i due alloggiavano. Si era scolato una quantità non indifferente di cognac. Purtroppo quel sasso non era un sasso qualunque: era l’Alamo, il simbolo dell’indipendenza texana. “Se pisci sull’Alamo allora pisci sullo Stato del Texas”, pare gli disse il poliziotto che arrestò lo storico cantante dei Black Sabbath.
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Siamo nel carcere di Venezia. Corre l’anno 1457. C’è un uomo, nel buio, seduto sopra un masso di marmo. Qualcosa, qualcuno gli si avvicina… “Uno s’avanza!... ha gigantesche forme!...”. È uno spettro. Tiene qualcosa con la mano sinistra…. “Il reciso suo teschio ferocemente colla manca porta!... A me lo addita... e colla destra mano mi getta in volto il sangue che ne cola!...”. Ma sì! L’uomo seduto sul marmo lo riconosce: è il fantasma di Francesco Bussone, detto il Carmagnola, il condottiero accusato di tradimento e condannato a morte dal Consiglio dei Dieci, che governava la Repubblica di Venezia. Il 5 maggio del 1432 al Carmagnola era stata tagliata la testa. Quella testa che oggi il suo fantasma, che ancora si aggirava nella cella, portava con la mano sinistra, mentre con la destra gettava il proprio sangue addosso all’uomo prigioniero. Quell’uomo, Jacopo Foscari, era il figlio del Doge Francesco Foscari. “Non maledirmi, o prode, se son al Doge figlio; de’ dieci fu il Consiglio che a morte ti dannò!”. Quel Doge che attende anche lui di conoscere la decisione del Consiglio dei Dieci su suo figlio accusato di omicidio da innocente. “Me pure sol per frode vedi quaggiù dannato, e il padre sventurato difendermi non può...”. Tanto equa è la giustizia veneziana, che consente anche di condannare il figlio di un Doge. L’opera di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave I due Foscari ha debuttato al Teatro Argentina di Roma nel novembre del 1844.
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Una delle voci più influenti del panorama reggae mondiale, l’artista giamaicano è stato arrestato nel 1998 e l’anno successivo condannato a quindici anni di carcere, diventati in appello dodici, per stupro, rapina e possesso di arma da fuoco. Si è sempre dichiarato innocente. In molti gli hanno creduto. In molti hanno pensato che gli ingiusti procedimenti giudiziari della Giamaica avessero influito nella condanna. In molti si sono mobilitati per la sua liberazione. È uscito di galera in parole dopo otto anni. Dal carcere ha pubblicato tre album.
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Nella Città Alta di Bergamo, non lontano da piazza Duomo, si trova l’ex carcere di Sant’Agata. Le mura originarie dell’edificio risalgono al 908. È un edificio bellissimo, che ispira riflessioni e silenzio. Nel 1600 divenne un monastero dei padri Teatini. In esso regnavano la preghiera e il silenzio. Fu nel 1802 che Sant’Agata divenne un carcere. Aleggiavano nei corridoi dolore e silenzio. Caparezza ha girato nell’ex carcere di Sant’Agata il videoclip di Prisoner 709. L’album che porta quel nome è un viaggio nella prigionia di quando il silenzio lo aveva abbandonato a causa di un acufene. Con noi a Jailhouse Rock a parlare della sua musica e di cosa significa fare rap il giovanissimo e ascoltatissimo rapper romano Garfo.
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Nel 1937 sparò alla coscia di un uomo. Mentre aspettava il processo ed era fuori su cauzione andò a Chicago per motivi legati a sue registrazioni musicali dell’epoca, ma fu condannato, ripreso e mandato a scontare la sua pena. Trascorse tra i due e i tre anni alla Parchman Farm, la prigione più antica dello Stato del Mississippi, dove John Lomax registra due sue canzoni. Un grandissimo del Delta Blues, un artista di rara potenza, un chitarrista eccezionale.
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Al numero 16 di Redesdale Street, a Londra, nell’estate del 1969 si trasferì Caetano Veloso. Non era solo. Con lui viveva l’amico di una vita, Gilberto Gil, nonché il loro manager e le loro mogli. Rimasero a Londra circa tre anni e poi tornarono nel loro Paese, il Brasile. Il 13 dicembre del 1968 il dittatore militare allora presidente del Brasile Artur da Costa e Silva aveva emanato il famigerato Ato Institucional Número Cinco, l’atto istituzionale numero cinque. Era un decreto presidenziale che ne seguiva altri quattro e ne precedeva altri 12 che suggellava formalmente il fascismo di quel governo. Il 28 marzo di quell’anno, otto mesi e mezzo prima, a Rio de Janeiro la polizia aveva ucciso un giovane studente durante una manifestazione. Altre morti di questo tipo purtroppo seguiranno, ma questa fu una delle prime. La dittatura militare era in piedi dal 1964, quando aveva preso il potere con un colpo di Stato. La morte di questo ragazzo determinò una protesta di massa nel Paese e mesi problematici per il regime. Questo portò, insieme ad altre cose, alla reazione dei militari e all’emanazione dell’Ato Institucional Número Cinco. Con esso si cancellavano libertà fondamentali. Si toglieva di mezzo il Parlamento, si negava l’habeas corpus per reati di origine politica, si dava al presidente il potere di togliere ogni diritto politico ai dissidenti, si mettevano fuorilegge le riunioni politiche. Il pensiero progressista era perseguitato. Non era facile per gli artisti che si contrapponevano alla dittatura militare restare nel Brasile dell’Ato Institucional Número Cinco. Dopo essere stati arrestati con una scusa e aver trascorso un paio di mesi in carcere, Gilberto Gil e Caetano Veloso se ne andarono a Londra in esilio.
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Un giorno nell’aprile del 1993 David Lee Roth, ex cantante del grande gruppo californiano che poi vi farà ritorno, venne arrestato al Washington Square Park di New York. Nel gennaio di questo 2018 lo ritroviamo di nuovo in manette. Viene arrestato nella città di Abbotsford, nella provincia canadese della Columbia Britannica. Ma c’è qualcosa che non torna…. È accusato di reati sessuali. Dal lontano 2006, sono ben 12 i capi d’accusa. Ci sono di mezzo ragazze minorenni. Ma qualcosa proprio non torna…. Quel giorno dell’aprile 1993, al Washington Square Park di New York, stava cercando di comprare pochi dollari di marijuana. Fu arrestato insieme ad altre 24 persone. Tutto torna. Gli arresti avvennero nel corso di una perlustrazione routinaria del parco. Ma quel giorno del gennaio scorso, in Canada, qualcosa invece continua a non tornare…. Certo! Perché l’uomo che fu arrestato ad Abbotsford non era David Lee Roth. Per dieci lunghi anni si è finto lui. Ottima idea! Ci somigliava. E da questa somiglianza si prendeva parecchi vantaggi.
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La musica nella storia è stata anche protesta. Generazioni di musicisti si sono opposti ai potenti di turno. Oggi in Italia c’è una categoria di artisti che più di tutte litiga pubblicamente con il potere. Una categoria di musicisti che dice di no. Dice di no alle politiche razziste del governo. Dice di no alla monocultura che si vorrebbe imporre. Dice di no a chi in Italia, oggi, rappresenta tutto questo. È la musica rap. Anche in carcere di rap ne abbiamo sempre trovato tanto. Quando giriamo per le carceri italiane ascoltiamo ragazzi che cantano le loro canzoni, sappiamo di concerti che vengono organizzati, ci raccontano di una musica nella quale tirar fuori tutto ciò che in galera resta dentro. Anche questa è una musica di protesta. Di protesta contro molte cose. Alcune pubbliche, altre private e personali. Di protesta forse contro la stessa vita che ci si ritrova a vivere. Ne abbiamo parlato a Jailhouse Rock con la rapper romana Huntress D, volontaria nel carcere di Rebibbia, e con Charlie B, che in quel carcere ha scritto canzoni e organizzato concerti rap.
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