La prima puntata di questa tredicesima stagione di Jailhouse Rock è dedicata ai Clash. Il grande batterista dei Topper Headon, cacciato dal gruppo a causa della sua tossicodipendenza ma dal gruppo sempre aiutato, nel 1986 finisce in carcere con l’accusa di spaccio di eroina, si fa quindici mesi alla prigione di Standford Hill, nel Kent. Senza di lui la qualità musicale dei Clash non sarebbe stata quella che è stata.
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Anche quest'anno in vista del 26 giugno, Giornata internazionale per le vittime di tortura, Jailhouse Rock vuole dedicare una puntata a questo tema, per ricordare come purtroppo la tortura sia qualcosa che ancora riguarda anche le democrazie più avanzate, come i fatti di Santa Maria Capua Vetere dell'aprile 2020 testimoniano. A parlare di questo ai nostri microfoni è stato Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, fondatore di Antigone, per tanti anni al Consiglio d'Europa in particolare come presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura.
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Il padre del soul, tra i primi a entrare nella Rock and Roll Hall of Fame, pochi anni ma intensissimi di carriera. Sam Cooke morirà giovanissimo con una pallottola in corpo in circostanze non ancora chiarite fino in fondo. La sua canzone A change is gonna come diverrà un inno del movimento per i diritti civili. Suor Emilia Jitaru ha raccontato a Jailhouse Rock la sua esperienza di calciatrice, un tempo nella serie A e nella nazionale rumena e oggi nella Nazionale Italiana Suore, e la sua partita contro la squadra di Atletico Diritti che gioca nel carcere di Rebibbia femminile.
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Nel febbraio del 2011 il suo album Before the dawn ha vinto il Grammy Awards come Best Reggae Album. Era uscito nel settembre 2010, mentre lui era ancora in carcere in attesa di processo. Banton, che durante la detenzione si è battuto contro la regola che gli avrebbe imposto di tagliarsi i dreadlocks, ha scontato una condanna a sette anni per traffico di sostanze stupefacenti. In molti pensano che sia stato incastrato.
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Il 17 di agosto del 1979 viene eseguito a Milano un mandato di cattura nei confronti di Roberto Vecchioni emesso dal giudice Salvatore cassata del Tribunale di Marsala, in Sicilia. L’accusa è quella di spaccio di sostanze stupefacenti. Vecchioni viene portato nella casa circondariale di Marsala, dove rimase quattro giorni e scrisse la canzone Lettera da Marsala. Il giudice Cassata, che nel frattempo se ne era andato al mare e cui Vecchioni dedicò la canzone Signor giudice, fu scoperto in seguito appartenere alla P2. Cassata aveva screditato e archiviato il rapporto del vicequestore di Trapani Giuseppe Peri, dove si scriveva che alcune organizzazioni dell’eversione nera compievano sequestri a scopo di autofinanziamento e queste organizzazioni erano in contatto con ambienti militari legati a Gladio e ai servizi segreti italiani, che a loro volta erano legati alla Cia. Lo scopo era sempre lo stesso: la strategia della tensione. Come piazza Fontana e come tante altre stragi italiane a venire. I comunisti non dovevano andare al governo. E allora ci si serviva di organizzazioni eversive per seminare la paura e giustificare agli occhi degli italiani un governo forte e autoritario. Gli stessi che avevano eseguito quei sequestri di persona avevano anche ucciso dei magistrati che si erano occupati di loro nonché ucciso le 115 persone del velivolo Az 112 schiantatosi contro il crinale di Montagna Longa il 5 di maggio del 1972. Con noi a Jailhouse Rock è stato Roberto Peri, figlio di Giuseppe. Fabrizio Berruti ha parlato con noi del suo libro Settanta. Il poliziotto e la strage negata (Round Robin, 2022), romanzo d’inchiasta basato sul rapporto Peri.
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Le porte della percezione, i Doors, uno dei più grandi gruppi rock di sempre. Jim Morrison, morto in circostanze mai del tutto chiarite, condannato per oltraggio al pudore e poi graziato postumo dallo Stato della Florida. Ai nostri microfoni Nicola Di Bari, che nel 1970 cantava Dammi fuoco (Light my fire), e Davide Van De Sfroos, che più volte ha omaggiato dal vivo il gruppo californiano, hanno raccontato il perché del loro tributo ai Doors. Carmelo Musumeci, che nei giorni scorsi è tornato a essere un cittadino libero a tutti gli effetti, ha riflettuto con noi sul senso della pena e sui suoi trent’anni passati in carcere.
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Nel 1991 Massimo Rana, fotografo amico degli Elii, fu arrestato nell’isola di Cipro. Le autorità turco-cipriote non gradirono le troppe fotografie da lui scattate. “Si è scoperto che l’italiano è una spia greca”, titolava il giornale. Ovvero Italyan, rum casusu çikti, frase che divenne il titolo dell’album cui Elio e le Storie Tese stavano lavorando e di cui Rana firma la fantastica copertina con il vitello dai piedi di balsa. Con noi a Jailhouse Rock la costumista Maria Sabato, creatrice tra le altre cose del costume da Gioconda indossato da Elio nella prima edizione di Lol - Chi ride è fuori, e Massimo Morini, musicista, direttore d’orchestra, frontman del gruppo genovese dei Buio pesto nato nella prima metà degli anni ‘80, regista di film dove gli Elii hanno recitato e grande amico di tutti i componenti della band.
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Nel gennaio del 1900 veniva al mondo un criminale di altri tempi. Era soprannominato Three Fingers a causa di un incidente avuto da ragazzino nel quale aveva perso due dita della mano destra. Per vergogna o discrezione, teneva nascoste le tre dita rimaste indossando in pubblico un guanto bianco. Un gangster di prim’ordine, affiliato alla banda di Al Capone. Il suo vero nome era Jack White. Anche il nostro Jack White ha avuto qualche problema con la giustizia, ma certo non può competere con Three Fingers. Il 13 dicembre 2003 il nostro Jack White ebbe una colluttazione con Jason Stollsteimer, frontman dei Von Bondies. Evitò il carcere, ma venne condannato a pagare una multa di 500 dollari cui si aggiunsero le spese processuali. Oltre alla multa, fu stato condannato a un’altra pena dal sapore tipicamente americano: l’obbligo di seguire un corso per imparare a gestire la propria collera.
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Il 20 aprile del 1984, mentre stava provando gli impianti del Variety a Bologna, due carabinieri gli si avvicinarono. Poco dopo i tre si recarono insieme a Casalecchio di Reno, dove Vasco Rossi viveva e suonava con la sua band dentro un capannone. Il Blasco consegnò spontaneamente i ventisei grammi di cocaina in proprio possesso. Venne arrestato immediatamente e portato nella prigione di Pesaro. Per ventidue giorni abiterà la cella numero ventidue. Poco prima, là dentro si era impiccato un detenuto di origini iraniane. La prossima volta forse non si affretterà a consegnare la droga con tanta solerzia. “Certo che sei un bel fenomeno anche tu a farti prendere così!”, canterà in Cosa c’è, la canzone scritta pochi giorni dopo aver riacquistato la libertà.
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